La falsificazione del testamento olografo determina secondo gli Ermellini che hanno condiviso le ragioni della Corte d’Appello l’indegnità a succedere ex art. 463 cod. civ., n. 6.
Nella vertenza, insorta a seguito della contestazione dell’autenticità della sottoscrizione di un testamento olografo, il tribunale, recependo le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio che aveva concluso per la non attribuibilità al de cuius della sottoscrizione dell’atto – riconducibile in realtà molto probabilmente al marito – ha dichiarato la nullità del testamento. Non ha, tuttavia, ritenuto che da ciò discendesse l’indegnità a succedere dell’attore, configurabile soltanto quando l’alterazione fosse venuta ad incidere su un testamento pienamente valido ed efficace laddove, viceversa, nel caso in esame, si trattava di un atto di per sé già nullo perché non sottoscritto dalla disponente.
Interposto appello, la Corte riconosceva sussistenti i presupposti per la dichiarazione di indegnità dell’attore, escludendolo dalla successione.
La Corte condivideva i ragionamenti del giudice di prime cure in ordine alla accertata non riconducibilità della scheda testamentaria alla defunta, ma riteneva, tuttavia, che il tribunale fosse caduto in errore laddove non aveva fatto discendere dall’accertamento della falsificazione della sottoscrizione l’indegnità ex art. 463 n. 6 cod. civ..
I giudici di secondo grado hanno, dunque, affermato che si è in presenza di un testamento falso anche nel caso di apposizione di una firma apocrifa ad un documento pur redatto dal soggetto testatore, aggiungendo che non è necessario “ai fini dell’indegnità a succedere che il testamento contenga disposizioni contrarie alla reale volontà del de cuius”.
La Cassazione Civile, Sez. 6, ordinanza n. 19045 del 14/09/2020 ha rigettato le doglianze del ricorrente confermando il giudizio di appello.